I tuoi donatori usano smartphone e tablet: come viene visualizzato il tuo sito?

Lo so, come viene visualizzato il sito sui dispositivi mobile è un argomento tecnico che pensi non possa interessarti. Fermati un minuto…ti interessa moltissimo.

La navigazione online, lo stanno confermando tutte le statistiche, si sta rapidamente spostando sui dispositivi quali smartphone e tablet, non solo perché collegati ad internet o sui quali è possibile utilizzare le APP, ma anche perché da questi dispositivi ormai ciascuno di noi fa operazioni interattive, fino alla gestione di prenotazioni, acquisti, disposizioni bancarie ecc.. Quindi, perché non vuoi dare al tuo donatore la possibilità di navigare con facilità il tuo sito dal suo smartphone o fargli fare la donazione online, o anche più semplicemente iscriversi alla newsletter senza dover litigare con il touch screen per scorrere la tua pagina web illeggibile? Credimi, non è una provocazione o una questione solo tecnica, la user experience è rilevante per chi cerca informazioni sui tuoi servizi e i tuoi progetti e su chi vuole sostenere la tua causa.

La questione è strategica, devi pensare a come digitalizzare e a trasformare la tua organizzazione per dare ai tuoi donatori ogni opportunità e ogni facilitazione ad esempio per potersi informare, per poter sostenere, per poter acquistare un regalo solidale ecc.

So già a cosa stai pensando. Pensi che i tuoi donatori non donino online, al massimo si informano sul sito o seguono qualche post sulla tua pagina facebook. Ok, può essere (non credevi ti avrei risposto così?!). Ma è proprio questo il punto, sicuramente utilizzano gli strumenti digitali per informarsi, per tenersi aggiornati, per capire come possono fare per donare, quali sono i canali, su quali progetti stai chiedendo il sostegno e come sono andati i progetti appena terminati. E’ così che ciascuno di noi fa abitualmente prima di prendere una decisione, si informa. Così anche il donatore, il sostenitore della tua nonprofit si attende di poter trovare nei diversi canali tutte le informazioni che sta cercando. Il fatto che poi doni online o doni con altro mezzo, è cosa che devi tracciare, ma non è questo il punto (o, almeno, non è solo questo il punto).

Ti ho convinto?

Usa sempre parole, gergo e acronimi che utilizzano i tuo donatori

E’ pur vero che vi sono linguaggi universali se parliamo di dono, di solidarietà, di aiuto umanitario ecc. Ma è altrettanto vero che le cause per le quali stiamo cercando sostenitori volontari o donatori, hanno tali specializzazioni che portano con sé linguaggi e stili comunicativi propri.

La cosa che dobbiamo cercare di capire è che non possiamo però essere autocentrati, guardare cioè solo al ‘nostro’ linguaggio, perché questo è tipico dell’attività che svolgiamo, del progetto che stiamo proponendo…i nostri interlocutori, in particolare gli attuali o potenziali donatori, hanno un loro linguaggio.

Facciamo qualche esempio. Se devo promuovere un bando per la ricerca di giovani volontari in servizio civile, il mio target saranno giovani e dovrò usare non certo un linguaggio formale (come di solito è invece quello dei bandi!). Ho visto mille volte comunicati stampa, locandine, lettere di invio ad incontri informativi che francamente penso siano totalmente ignorati dai giovani (o dalla stragrande maggioranza di essi). Non sto parlando di canale di comunicazione (anche questo certamente non irrilevante!), ma proprio di linguaggi, di stili comunicativi, di espressioni gergali.

Vediamo un’altra situazione, per certi versi all’opposto: se mi sto occupando di assistenza a persone affette da Alzheimer, probabilmente il mio target saranno i familiari, presumibilmente soggetti adulti che vivendo di persona una situazione critica e dolorosa, non solo avranno necessità di un livello informativo diverso, ma dovranno essere approcciati anche in modo adeguato, con un linguaggio accogliente, capace di trasmettere anche affidabilità, competenza, sicurezza. Non ultimo non dobbiamo dare per scontato che i nostri potenziali donatori conoscano a fondo termini tecnici dell’attività che proponiamo; essere chiari e completi nella spiegazione, agevola la comprensione del nostro interlocutore.

Quindi, abbiamo capito…basta con la lettera standard per il donatore!

I 3 errori che non dovresti commettere nella tua pagina di donazione

Nella nostra esperienza ci siamo trovati spesso a contatto con organizzazioni che ci chiedo consigli su come migliorare la propria raccolta fondi, dicendoci di aver già provato molte strade ma non sempre con risultati ritenuti soddisfacenti, specialmente nell’ambito digital. Come spieghiamo in questa pagina il fundraising è principalmente un “lavoro” di relazioni, siano esse personali o virtuali, quindi non è il caso di abbattersi troppo facilmente se non si ottengono risultati immediati.

Nonostante la pazienza necessaria i primi tempi, possiamo però individuare fin da subito se qualcosa non sta funzionando come dovrebbe. Il caso classico è rappresentato dalla pagina di donazione del sito web (sempre che il sito la preveda!). La pagina di donazione è forse quella più importante nei siti web delle associazioni, in quanto è quella nella quale un utente aprirà (o non aprirà!) il portafoglio. Vediamo quindi quali sono i 4 errori da evitare assolutamente.

1 – la pagina di donazione non si adatta ai dispositivi mobile.
Questo problema può essere generalizzato per tutto il sito web: la maggior parte degli utenti ormai naviga principalmente tramite dispositivo mobile (smartphone o tablet), pertanto avere pagine web che rendono difficoltosa la lettura rappresentano un errore veramente grave. Costruendo la pagina di destinazione con campi form da compilare, scelta del metodo di pagamento etc potrebbe complicare estremamente le cose: il form per la donazione può non essere visualizzato correttamente pur essendo la pagina nella sua globalità responsive. Sempre meglio quindi controllare come viene visualizzata la pagina su schermi di piccole dimensioni. Un consiglio semplice su come fare questo controllo da computer? Basta rimpicciolire la finestra del browser e il gioco è fatto…

2 – Attenzione alla coerenza del messaggio
Quando un donatore arriva alla donazione probabilmente ha già visitato altre pagine del sito per informarsi, oppure ha cliccando su un link sulle tue pagine social, o di una newsletter, etc. La cosa importante è che vuol donare perché ha trovato un messaggio che lo ha convinto… ma se nella tua pagina di donazione improvvisamente non trova più quel messaggio, cosa pensi che farà? Facciamo un esempio pratico: la tua organizzazione deve acquistare un nuovo automezzo, Mario Rossi è iscritto alla tua newsletter e riceve una mail in cui presenti la tua campagna per l’acquisto dell’automezzo spiegando in maniera convincente i motivi e i benefici che questo acquisto avrà per l’associazione. Bene, Mario Rossi è convinto e decide di cliccare sulla tua pagina di donazione e… si ritrova una pagina di donazione generica, in cui non si fa riferimento all’automezzo o, peggio, in cui sono descritti altri progetti che possono essere finanziati. Quante probabilità ci sono che Mario Rossi decida di proseguire con la donazione che aveva in mente?

3 – Troppe distrazioni
Dicevamo che la pagina di donazione è quella più importante del sito web. Più importante perché è legata a doppio filo al tuo obiettivo principale: recuperare fondi per sostenere la tua organizzazione. E come spesso capita nella vita di tutti i giorni per raggiungere un obiettivo è necessario essere concentrati e determinati. Nel caso digital la “determinazione” è quella della pagina di donazione che deve essere pensata e strutturata per portare in maniera univoca l’utente alla donazione, mentre la “concentrazione” è quella dell’utente che non deve essere distratto da fattori esterni che decidiamo di inserire nella nostra pagina (esempio un banner lampeggiante, popup e altre strane idee…)

Care nonprofit, è tempo di progettare la campagna di Natale!

Care nonprofit, se non avete ancora messo mano alla progettazione della prossima campagna di Natale, non perdetevi i prossimi numeri della nostra newsletter! Ogni settimana vi daremo alcuni suggerimenti su cosa e come fare per centrare gli obiettivi di raccolta più attesi dell’anno.

Se invece siete un’azienda profit e non avete ancora pensato a cosa proporre per il prossimo Natale ai vostri dipendenti e ai vostri clienti, potremmo darvi qualche suggerimento utile per trovare in una campagna originale, la soluzione giusta per ringraziare chi assicura il successo della vostra impresa e pensare a chi assicura il successo a chi ha più bisogno.

Per questa settimana vi diciamo che una buona campagna di Natale parte da un buon brainstorming. Non decidete tutto al tavolino, tra pochi o pochissimi dirigenti. Provate ad innescare un percorso partecipato all’interno della vostra organizzazione, nonprofit o profit che sia. E assicuratevi di condurre adeguatamente il brainstorming, applicando correttamente le tecniche valutative e di elaborazione creativa. La creatività nasce dallo scambio, provate a coinvolgere rappresentanti dei diversi livelli della vostra organizzazione e possibilmente anche qualche stakeholder capace di offrirvi un contributo originario.

Mandateci le vostre idee per la campagna di Natale, potremmo darvi qualche suggerimento in più! Scriveteci a info@myfundraising.it

Il fundraising e la ricerca sui donatori, social network analysis e altro ancora

Durante un nostro percorso formativo diretto ad Associazioni di Volontariato tramite un CSV (Centro di Servizi per il Volontariato), ci è capitato di ragionare su esperienze di fundraising fatte da piccole organizzazioni. Alcune, anche di uno stesso territorio, nemmeno si conoscevano, altre invece avevano già sviluppato attività in rete, ma nessuna aveva mai promosso in rete attività di raccolta fondi. Perché no? Imbarazzo e capisci che da un lato nessuno ci ha pensato, dall’altro probabilmente è presente un atteggiamento riservato (per così dire) quando si tratta di risorse. Certo, qualche progetto in rete, ma davvero in rete o una partnership formalizzata solo sulla carta in accordi poi dimenticati non appena consegnato il progetto?

Stiamo pensando però al tema fundraising e rete. Fundraising nel senso anche di strategie verso donatori individuali e verso imprese. Tra l’altro sempre più spesso il cause related marketing e altre tradizionali modalità di relazione tra profit e nonprofit, per restare a pratiche di fundraising col mondo corporate, si trasformano in vere e proprie partnership che coinvolgono valori e processi aziendali da un lato e solidali dall’altro, con la partecipazione spesso allargata al personale dell’azienda in esperienze di volontariato, in percorsi di vera e propria responsabilità sociale che vanno oltre la donazione incardinata nei processi di vendita di servizi e prodotti.

Ma anche in questo caso a scommettere talora sono più le aziende che le nonprofit. Ci è capitato ad esempio che in occasione della Festa della Mamma, con un nostro Cliente non siamo riusciti a strutturare alcuna campagna perché la proposta di costruire un percorso di rete con alcuni esercizi commerciali del territorio ha incontrato perplessità e poco entusiasmo e l’organizzazione si è trascinata per qualche mese senza poi riuscire a proporre nulla….un’occasione persa. D’altro lato, ci è invece capitato in passato di svolgere una campagna centrata sulla distribuzione di un calendario che voleva raccontare un progetto di orticoltura con persone con disabilità. L’idea di costruire reti col territorio passava in questo caso dalla disponibilità di ristoratori locali a fornire ricette, una per ogni mese e contribuendo alla diffusione dell’iniziativa. La campagna in questo caso ha avuto un esito particolarmente positivo, sia economicamente in termini di raccolta fondi netta e di ROI, ma offrendo anche motivi di sviluppo sull’attività.

Crediamo molto che la strategia di costruire reti, non solo con altre organizzazioni nonprofit, ma anche col mondo corporate sia una chiave non solo per rendere ottimale l’impiego di risorse, ma per creare ulteriore valore, anche da un punto di vista sociale. Per questo che noi di Myfundraising abbiamo stretto una partnership con il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Pisa, specializzato nello studio delle reti sociali attraverso le metodologie della social network analysis,  un protocollo d’intesa che desideriamo mettere a disposizione dei nostri Clienti per costruire percorsi di rete anche per il fundraising.

Quali caratteristiche ha la rete nella quale è inserita la tua organizzazione nonprofit? E quali potenzialità in termini di efficientamento ha? Qual è il potenziale che la tua rete potrebbe esprimere anche ai fini della raccolta fondi? Sono solo alcune domande alle quali possiamo rispondere. Ma questo è solo l’inizio. In realtà, miriamo a proporre un’idea di fare fundraising che corra insieme al fare ricerca e metta al centro il donatore. Per questo la social network analysis ci aiuta per alcuni aspetti, ma non è l’unica metodologia e l’unico percorso che sviluppiamo. Se il digital ad esempio ci offre tutta una serie di metriche, per certi aspetti anche nuove, altre metodologie quantitative e qualitative ci aiutano a leggere il comportamento e le preferenze dei donatori. Un modo che anche le piccole ONP, magari in rete, potrebbero senz’altro adottare per migliorare le loro attività di raccolta fondi.

Quant’è importante fidelizzare il donatore? Se ancora non ce l’hai, ti serve un “donor care”

Fidelizzare il donatore oggi non è più una mission impossible! Ma dipende molto dalla tua organizzazione nonprofit. Se non hai ancora sviluppato un servizio donor care (un po’ come un customer care)  per la tua ONP, questo è il momento di farlo!

Decidi che per la tua ONP il donatore è veramente importante

Sì, proprio così. La ONP deve stabilire con chiarezza che quella col donatore è una relazione strategica e quindi ad essa va dedicato tutto l’impegno possibile. Sembra ovvio, ma non sempre è così. Recentemente durante un corso di formazione un volontario, a sua volta personalmente donatore, ha raccontato la sua esperienza con una grande ONP; malgrado fosse già un donatore, riceveva continuamente solleciti a donare per l’obiettivo su cui aveva già provveduto a versare il suo contributo. Certamente sui grandi numeri questo può accadere, ma lascia nel donatore la percezione di essere uno tra i tanti, non uno che è speciale perché senza di lui davvero non sarebbe possibile realizzare l’attività solidale.

Personalmente ho ricevuto una lettera di invito alla donazione in occasione della Pasqua e, avendo un occhio attento (forse anche un po’ esperto), sono andato a spulciare le virgole trovando con grande sorpresa e disappunto l’informativa privacy che riportava quale titolare del trattamento un’altra organizzazione nonprofit, non quella che mi aveva spedito la comunicazione. Errore secondo me attribuibile al fornitore tecnico e in parte anche ad una mancanza di controllo, con non pochi problemi dal punto di vista della privacy e senz’altro una figuraccia, almeno per come la vedo io.

Stabilisci un budget!

E’ il banco di prova che davvero ci credi e la tua decisione di puntare sulla cura delle relazioni col donatore è davvero una cosa importante per la tua organizzazione nonprofit. Non hai ancora fatto un Direttivo con all’OdG la decisione su questo stanziamento? Devi farlo al più presto, è una priorità! Paradossalmente la cosa è più facile e meno costosa per le piccole organizzazioni nonprofit (una volta ogni tanto…). I pochi (o tanti) donatori devono in questo caso essere davvero coccolati e devono sentirsi parte del vostro progetto. Spesso però anche nelle micro-realtà, questo non avviene e tutto si esaurisce in una lettera di ringraziamento (quando va bene).

Stabilire un budget di risorse dedicate a questa attività significa prendersi davvero l’impegno di farlo. Occorre quindi un quid di risorse economiche per quanto si deve realizzare, ma anche sufficienti risorse umane per poter curare questo aspetto (chi fa incontri, telefonate ecc.). Se i donatori (e i processi relativi alle relazioni con questi) sono un asset per le nonprofit, non si esce da questa modalità. Il costo di acquisizione di un nuovo donatore è spesso elevato per un’associazione, in molti casi è difficile se non raro trovarne di nuovi. Occorre pertanto definire una strategia e azioni concrete di mantenimento e rinnovo dell’impegno per i donatori attuali.

Le comunicazioni personalizzate non bastano! Serve un donor care

Ormai tutte le ONP fanno una comunicazione personalizzata, ad es. su un direct mailing, sulle newsletter ecc., ma questo dovremmo considerarlo davvero il minimo sindacale. Dobbiamo infatti pensare a strategie differenziate a seconda del comportamento del donatore. Ad es. se hai già compiuto un’azione (es. il rinnovo di una donazione, la sottoscrizione di una petizione ecc.) non dovremo sollecitare quella stessa azione. Qui la base, lo sappiamo, è un’adeguata gestione del database donatori.

Occorre però andare oltre. Ad es. è previsto un donor care? Un servizio cioè di assistenza al donatore. Ritengo personalmente che questo possa essere un nuovo e decisivo ambito di sviluppo per il fundraising delle ONP. Possiamo utilizzare live chat, numeri verdi, aree riservate per il donatore, social media o altro ancora, possiamo ad es. dedicare un pensiero per il compleanno del donatore, fare gli auguri per le festività, informare e aggiornare direttamente il donatore sulle evoluzioni dei progetti che ha contribuito a finanziare, ma il donatore deve poter contare su un servizio a lui dedicato. Questo livello di personalizzazione viene generalmente calibrato in base allo stadio in cui si trova il donatore, se è un donatore alla sua prima donazione, o se è un donatore di lungo periodo, se è donatore per piccole somme o se è un grande donatore. Questo atteggiamento ha una sua ragionevolezza, tuttavia è da considerare che ciascun donatore potrebbe contribuire con un impegno maggiore, o potrebbe presentare l’organizzazione ad un altro simpatizzante o altro ancora…Vale la pena perciò ragionare su un serio investimento nel donor care.

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La privacy per il fundraising

Il database donatori costituisce senza dubbio uno degli asset strategici per ogni organizzazione nonprofit che voglia operare con successo nel fare fundraising. La questione connessa del trattamento in sicurezza dei dati personali (e talora sensibili) dei donatori, rappresenta un aspetto ancora troppo poco valutato da molte organizzazioni, specie di piccola o media dimensione. Un problema che investe anzitutto uno stile operativo, un modo cioè di porsi di fronte alla realizzazione della missione dell’organizzazione nonprofit, prima ancora che di rispetto di norme cogenti.

L’anno prossimo ci sarà l’adeguamento del nostro sistema normativo alle norme europee. L’Italia è comunque, da un punto di vista non solo della normativa, ma anche della giurisprudenza in materia, non certo seconda ad altri Paesi. Il settore nonprofit, che peraltro per altri aspetti di gestione di attività e servizi è invece sufficientemente maturo nell’applicazione della normativa di settore, relativamente alle finalità di raccolta fondi stenta ancora, forse sottovalutando la portata del problema, forse non ponendo sufficientemente l’accento su alcuni aspetti critici.

Al di là di autorizzazioni specifiche nella raccolta dei dati personali per le specifiche finalità di promozione e raccolta fondi, i problemi in gioco sono molteplici. Solo per fare degli esempi, un’organizzazione che opera in ambito sanitario o sociale verso soggetti svantaggiati, nel momento in cui tratta un dato di un donatore, è altamente probabile che stia trattando un dato sensibile. Il che naturalmente pone ulteriori questioni in merito allo specifico trattamento da assicurare. Laddove ad esempio l’organizzazione nonprofit operi nell’ambito delle adozioni a distanza e trasmetta immagini, nomi, storie e dati riferiti ai bambini, magari di altri paesi, pone la questione di come vengano trattati questi dati, se vi siano le autorizzazioni necessarie, se vi sia un approfondimento rispetto alle norme che tutelano la privacy nei paesi di provenienza ecc. Si capisce così come sia assolutamente complesso e non banalizzabile la questione della privacy.

Uno degli aspetti che ci troviamo ad affrontare nelle attività di consulenza in questo ambito è la necessità di valutare il gap rispetto all’applicazione normativa. Per questo abbiamo istituito collaborazioni con esperti in grado di fare un quadro di analisi specifico delle necessità. Non basta insomma avere lettere di incarico, un’informativa scaricabile sul sito web e un’autorizzazione comunque presa. Occorre invece valutare adeguatamente il rischio e dotare l’organizzazione di tutti gli strumenti e le tutele a vantaggio dei soggetti in campo, non solo per onorare l’obbligo normativo, ma per fare del rispetto della privacy un elemento strategico dello stile operativo della nonprofit.

Un piano editoriale per Facebook? Tre suggerimenti essenziali

Quando parliamo di pianificazione, specie se il ragionamento cade sulle attività di comunicazione e, in particolare, sulla gestione dei social network, il rischio di essere visti come marziani è elevato!

Talora, infatti, sembra un’esagerazione persino inutile, l’immaginare un piano dettagliato di contenuti e di “uscite” con un’articolazione addirittura specificata per giorni ed orari. Uno degli aspetti che quasi ossessivamente andiamo a ripetere ai nostri clienti, è che avere una pagina facebook (una pagina, mi raccomando, non un profilo!), non è obbligo, così come non è necessariamente efficace “stare” sui social, da Twitter, a Linkedin o altri ancora. L’utilizzo dei social network è divenuta oramai pratica non solo diffusa, ma esperienza personale quotidiana e in certo senso continua. Basta pensare il tempo medio (oltre due ore e mezza al giorno) che noi italiani passiamo sui social… Detto questo, la riflessione che proponiamo ai nostri interlocutori è che è una falsificazione che Facebook e gli altri social sono gratuiti, sono invece ad alto consumo di tempo! La risorsa più preziosa che abbiamo viene drenata ampiamente da una pratica che, senza essere messa sotto il controllo di un’azione di pianificazione, monitoraggio e valutazione, rischia di generare solo perdite (anche economiche, visto che il tempo volontario o lavorativo che sia ha comunque un costo) e non produrre i risultati sperati.

Ciascun social network ha una sua caratterizzazione specifica, da Facebook, il più diffuso e “chiaccherone” a Twitter, immediato, centrato su messaggi sintetici e ad effetto, a Linkedin, più professionale. Ciò denota che ciascuno di questi canali, sebbene sia possibile tra loro impostare anche dei collegamenti automatici, ha un proprio pubblico di riferimento, propri linguaggi, propri stili comunicativi. Sbagliato quindi impostare automatismi (almeno in senso assoluto), sbagliato peraltro (o quantomeno non certo indispensabile) aprire profili, pagine ed account per tutti i social. Meglio scegliere quello o quelli che più si adattano per tipologia di pubblico e caratteristiche alla comunicazione e alla promozione che vogliamo svolgere. Testando. Cioè, facendo test di efficacia nel tempo e verificando quali canali, meglio di altri, possono essere utilmente cavalcati.

In questo senso, la pianificazione anche dei contenuti dei social (dopo la loro progettazione creativa, ovviamente), è un altro elemento essenziale di questo processo. Non lasciare al caso la pubblicazione di un post o di un tweet, ma gestirla secondo una programmazione (calendarizzazione) magari centrata sugli insight (statistiche delle performance della pagina/account), in base allo sviluppo dello storytelling, in base – ancora – allo sviluppo che alla campagna di comunicazione/promozionale/fundraising si vuole dare.
Ciò non vale unicamente per i social network, ma anche per altri contenuti digitali (e non solo), dalla newsletter, all’aggiornamento del blog, alla produzione di articoli per il sito web ecc. Come fare? Ecco tre suggerimenti essenziali:

  1. Comincia a guardare statistiche (analytics, insight) e impara a ricavare conoscenze su parole chiave, temi che generano maggiore interesse o interazione, giorni ed orari nei quali i tuoi post vengono maggiormente visualizzati ecc. In base a questa base di conoscenza (sempre in aggiornamento!) produci i tuoi contenuti creativi e adattali ai diversi canali (es. newsletter, facebook, blog, twitter…)
  2. Fa’ un cronodiagramma delle pubblicazioni. Anche questo sapendo che non su tutti i canali il tempo medio di “vita” dei tuoi contenuti sarà lo stesso, mediamente un paio d’ore su facebook, tendenzialmente almeno una settimana per la newsletter ecc. Da questo cominci a vedere quanto sia impegnativa la gestione dei contenuti di comunicazione e promozione della tua campagna e di quanto tempo occorra per gestirla efficacemente.
  3. Utilizza tools (strumenti, attrezzi) che ti aiutino a pianificare. Ad es. facebook ha già al proprio interno una funzionalità che permette la calendarizzazione posticipata dei post da pubblicare, così come ci sono numerose applicazioni che consentono di fare la stessa cosa per altri social network, piuttosto che strumenti di invio massivo di email (es. mailchimp) che consentono la programmazione delle uscite a certi orari in dati giorni. Questa attività permette di concentrare il tempo dedicato alla redazione e impostazione della pubblicazione sui social, al momento in cui è possibile, dedicandosi invece più all’interazione durante lo svolgimento della campagna.

La donazione diventa APP

Le APP per smartphone oramai soddisfano qualunque tipo di bisogno quotidiano: possiamo usarle per divertimento, per comunicare con amici vicini e lontani, possiamo utilizzarle per fare operazioni sul nostro conto corrente..e perhé non utilizzarle anche per donare a favore di progetti di solidarietà e associazioni?

Ecco che per una sorta di “crowdfunding mobile” nasce “Hug – Tap to Donate“, una app per Android e iPhone attraverso la quale è possibile effettuare la propria donazione a favore dei progetti presentati. Il funzionamento è molto semplice: una volta installata sul proprio smartphone è richiesta una registrazione (ma l’accesso può essere fatto anche tramite account Facebook o Google+), a questo punto non resta che scorrere la lista dei progetti da finanziare, sceglierne uno e cliccare sul bottone “Dona“: la donazione minima è di 5€ ed è possibile effettuarla tramite carta di credito o Paypal.
I soldi verranno accereditati direttamente sul conto corrente della Onlus prescelta, saranno vincolati solo alla realizzazione del progetto e il donatore sarà aggiornato tramite email sulla realizzazione del progetto: gli ostacoli classici alla donazione (poco tempo, poca trasparenza, poca informazione) saranno così quasi completamente eliminati.

Bene..gli strumenti ci sono, ma da soli non bastano: così come avviene per il fundraising e il crowdfunding più classico, la APP da sola non porta donazioni se non suppportata da la giusta comunicazione. Come sfruttare quindi questa nuova opportunità che arriva dal mondo mobile?
Come prima cosa deve essere pensato un progetto che possa attrarre l’attenzione dei donatori e soprattutto che sia realizzabile. Essendo ancora una APP in fase di lancio potrebbe aver senzo un progetto che non richieda finanziamenti eccessivi per essere portato a compimento.
Il secondo passaggio è senza dubbio quella della promozione tramite verso i propri donatori (acquisiti o potenziali) tramite i canali di comunicazione digitali (pagine Social e sito web in primis) inserendo anche il link per il download diretto dell’applicazione: non dimentichiamo che il traffico web si sta spostanto sempre più su dispositivi mobile e il link alla APP eviterebbe a moltissimi utenti il passaggio inutile e pericoloso (in termini di numero di conversioni perse) di uscire da sito e doversi ricordare di effettuare il download in un secondo momento! Da non dimenticare che se la sede è frequentata da molti soci o persone esterne all’associazione la promozione può essere fatta in un’eventuale sala d’attesa o sala comune.

Ultimo consiglio che diamo, anche se apparentemente fuori stagione, è quello di utilizzare la nuova APP per un progetto durante il periodo Natalizio: progettazione, pianificazione, studio degli strumenti di comunicazione e promozione sono processi che richiedono tempo, sempre meglio anticipare i tempi per non farsi trovare impreparati.

E te hai già pensato a come sfruttare “HUG – Tap to donate”?

5 “Grazie” per i tuoi donatori

Come abbiamo sempre detto la parte più importante della raccolta fondi è la creazione di una relazione con i propri donatori. La creazione di questo rapporto passa anche dal ringraziamento che riserviamo a chi sostiene le nostre cause. Ma attenzione: non basta il semplice “grazie” una volta l’anno o, peggio, una tantum. Maggiore è il contatto e le informazioni che passiamo ai donatori, maggiore sarà la loro soddisfazione e propensione a donare nuovamente.

Vediamo qua di seguito 5 possibili “Grazie” che possiamo utilizzare per coinvolgere i donatori:

Il muro dei donatori

Inserisci sul tuo sito web e nella sala principale della tua associazione uno spazio dedicato ai donatori, in cui poter ringraziare pubblicamente tutti coloro che hanno sostenuto la tua causa. Forse alcuni vorranno mantenere l’anonimato, ma per tutti gli altri non c’è niente di più gratificante del vedere il proprio nome ben visibile nella lista dei ringraziamenti.

“Grazie” multimediale

“Un’immagine vale più di mille parole”. Lo stesso possiamo dire per i video o la musica. E se immagini, video e musica venissero messi tutti insieme per poter “regalare” un grazie carico di emozione a tutti i donatori? Ovviamente dovranno essere utilizzate persone reali, volontari, assistiti, beneficiari delle donazioni e non attori professionisti.

Fornisci esperienze

Spesso crediamo che il ringraziamento sia solo una mail o comunque qualcosa di non “tangibile”.. e perché non pensare ad un ringraziamento che posso far fare un’esperienza al donatore? Possono essere pensate esperienze dirette all’interno dell’associazione o ad attività o eventi collegati. Un’esperienza diretta segnerà in maniera indelebile il donatore, molto più di mille parole (o di un video!)

Racconta la tua storia

Questo tipo di ringraziamento segue direttamente la storia che è stata raccontata al donatore per spingerlo a sostenere la tua causa. Raccontare cosa è stato possibile realizzare grazie alle donazioni ricevute, lo stato dell’arte del progetto, raccontare la storia di chi ha beneficiato dirattamente della donazione.. queste sono solo alcune storie che possono essere raccontate ai benefattori, un modo di riempire il loro cuore di gioia e creare fiducia nei confronti dell’associazione: “noi non siamo tipi da prendi i soldi e scappa, ma ti raccontiamo cosa facciamo grazie a te!”

Aggiorna il tuo database!

Non c’è cosa peggiore che dimenticare il nome di un donatore o sbagliare a scriverlo! Presta molta attenzione all’aggiornamento del database dei donatori da ringraziare.

E tu, ringrazi sempre i tuoi donatori?

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