Fare peopleraising con LinkedIn

Quando parliamo di Social Network quasi sempre la mente corre a Facebook o Twitter, i più utilizzati. Linkedin forse è quello che viene meno associato all’idea dei Social, forse per il tipo di comunicazione più formale rispetto agli altri. In effetti Linkedin è una comunità di professionisti, con poco spazio per le “leve emozionali” molto utili in altri Social.

Ma le sorprese arrhttps://www.myfundraising.it/wp-content/uploads/2020/05/Single-Post_9-Featured_img.jpg sempre inaspettate. Forse non tutti sanno che Linkedin ha un’area dedicata alle non profit, nella quale è possibile inserire offerte di ricerca di volontari per la propria associazione. I passaggi da effettuare sono semplici

1. Crea la pagina della tua associazione
2. Incoraggi i tuo volotari a sostenere la tua causa e inserire nel loro profilo la loro esperienza di volontariato
3. Pubblica un annuncio di ricerca di volontari, sfruttanto la rete professionale di Linkedin

Degli oltre 300 milioni di utenti di Linkedin, l’82% ha espresso il proprio interesse per le attività di volontariato. Le offerte di ricerca di volontari possono essere visualizzate al seguente link.

Al momento non esistono statistiche per quanto riguarda gli utenti italiani, ma come tutte le opportunità offerte al non profit (tra cui ad esempio Google Grants) pensiamo sia il caso di fare almeno un tentativo per le future campagne di peopleraising.

SEO e Fundraising: come valutare i risultati della campagna?

Alzi la mano chi ha usato Google. Tutti, vero? Il motore di ricerca californiano è ormai utilizzato per oltre il 90% delle ricerche fatte sul web da utenti italiani. Il successo del colosso di Montain View è dovuto alla qualità dei risultati che ci presenta nell’esatto momento in cui stiamo facendo una ricerca. Google quindi rappresenta un’opportunità anche per le nostre campagne di raccolta fondi. Come possiamo sfruttarlo?

Un po’ di storia
Diversi anni fa essere posizionati tra le prime posizioni di un motore di ricerca era abbastanza semplice: l’algoritmo era ancora acerbo, i siti web erano in numero decisamente minore rispetto a quelli di ora e con qualche “trucchetto” e i giusti tag era possibile ottenere risultati esaltanti, ad esempio essere nella prima posizione per ricerche tipo “raccolta fondi”.
Sfruttando i trucchetti del mestiere e i bug dell’algoritmo qualsiasi sito, però, avrebbe potuto entrare in competizione con quello della nostra associazione, confondendo gli utenti e raccogliendo (spesso in maniera truffaldina) le donazioni a noi destinate.

Gli ingegneri di Google decisero allora di correre ai ripari ed iniziò una “guerra” tra Google e “SEO”: da una parte chi voleva impedire il posizionamento di siti di bassa qualità sulle proprie pagine, dall’altra chi cercava di scoprire sempre nuove tecniche e bug dell’algoritmo di ranking per poter posizionare i propri siti web.

Lo stato attuale
Nel corso del tempo l’algoritmo di Google è diventato sempre più sofisticato, comprendendo secondo alcune fonti centinaia di parametri per poter decidere il ranking di una pagina web, sono state introdotte penalizzazioni per alcune tecniche SEO usate storicamente e considerate scorrette (tra i tecnici definite “black hat”). Negli ultimi tempi inoltre i risultati sono sempre più legati alla geo-localizzazione o personalizzati sulla base delle storico delle ricerche di ogni utente, della cronologia, del comportamento sui siti visitati… Il lavoro del SEO si è sempre più evoluto. O almeno dovrebbe. A questo punto una domanda è d’obbligo: come posso valutare le performance di una campagna SEO dedicata alla nostro fundraising?

SEO di successo? Ce lo dice Google Analytics
Agli albori della SEO una campagna di successo si vedeva facilmente: se la mia pagina web si posizionava in prima posizione per alcune chiavi che avevo scelto (ad esempio “raccolta fondi”), era fatta: chiunque avesse fatto quella ricerca avrebbe sicuramente visitato il mio sito. Un SEO valutava le proprie performance semplicemente sul ranking.

Facendo un salto temporale di diversi anni, ancora oggi ci sono SEO che forniscono report di posizionamento o cercano di vendere “la prima pagina di Google”. Come detto precedentemente al giorno d’oggi non esiste un’unica pagina di risultati per una determinata parola chiave, anzi potenzialmente il ranking potrebbe cambiare anche se io facessi la solita ricerca dal computer in ufficio e dal computer di casa. Chi vi dice “sei in prima posizione con tale keyword” o mente sapendo di mentire o non sa di cosa sta parlando!

Dal nostro punto di vista l’unico parametro che possiamo analizzare per capire se la SEO dedicata al fundraising sta avendo risultati è la percentuale di visite che provengono da ricerche organiche, cioè controllare attraverso Google Analytics la provenienza dei visitatori e capire se il sito sta registrando un aumento di visite da parte di utenti che hanno fatto una ricerca su Google. Un incremento di questo dato ci dice che il nostro lavoro sta andando nella giusta direzione, un decremento deve essere un campanello d’allarme che ci deve far correre ai ripari.

Basta questo a capire le performance della nostra campagna SEO? Continua a seguirci, nei prossimi articoli troverai la risposta.

Un caso concreto (e di successo) di raccolta fondi online

In questi giorni è stata pubblicata su quasi tutte le testate giornalistiche la notizia di un ragazzo inglese sovrappeso oggetto di scherzi sui social network. La vicenda, per chi non la conoscesse, è molto semplice: un ragazzo in forte sovrappeso è ad un concerto e sta ballando, viene fotografato da alcuni ragazzi che lo prendono un giro e, nella foto successiva, il ragazzo viene ritratto tristemente a bordo pista.

L’immagine è stata postata sulle pagine di 4chan e il ragazzo in soggetto è stato preso di mira dei soliti “bulli da tastiera”. Non è però passato inosservato e alcuni utenti si sono offerti di organizzare una festa in onore del malcapitato riuscendo a raccogliere in pochi giorni ben 40.000 dollari da circa 2.000 donatori. E non è tutto: alla festa parteciperanno anche personaggi famosi del calibro di Moby.

Fin qui la notizia. Quello che vogliamo proporre di seguito è una riflessione su come l’utilizzo della rete possa far raggiungere risultati inaspettati.

Ai nostri clienti ripetiamo spesso che i Social Network sono la leva fondamentale per il successo delle campagne di raccolta fondi. Non solo per raccolte sporadiche, ma nell’ottica di costruire rapporti di fiducia e duraturi con i donatori, che potrebbero in futuro finanziare e addirittura promuovere essi stessi i vostri nuovi progetti.

Ma come usare al meglio i Social nella strategia di Fundraising?

  1. Usa una comunicazione adeguata al tipo di social
    Ogni social network ha una caratteristica propria, da tenere ben presente durante la scrittura dei post, ad esempio un tono troppo (o troppo poco) serio potrebbe determinare il successo o meno di un post, allo stesso modo di un messaggio eccessivamente promozionale. In poche parole: su Facebook il messaggio sarà sicuramente più “semplice” di quello che potrei pubblicare su LinkedIn.
  2. Conosci i tuoi follower
    è importante conoscere chi sono gli utenti che ti seguono o che hanno messo mi piace alla tua pagina. In questo modo potrai utilizzare un linguaggio o un tipo di comunicazione adatto a loro: ad esempio se hai un “pubblico” di ventenni è inutile che racconti di quanto erano belli gli anni ’80!
  3. Posta contenuti che richiamino attenzioni o che suscitino emozioni negli utenti
    Perché la raccolta fondi vista all’inizio di questo articolo ha avuto successo? Perché ha suscitato emozioni, ha colpito il cuore e la sensibilità delle persone che in qualche modo si sono riconosciute nelle sofferenze del ragazzo inglese. E questo è quello che devi trasmettere ai tuoi donatori attraverso i social: trasmetti emozioni, trasmetti la tua passione per quel progetto o quella causa, non basta dire “abbiamo bisogno di soldi” o “aiutaci ad aiutare”, dobbiamo aprire il cuore delle persone. Attenzione: non vogliamo giocare con i sentimenti delle persone, vogliamo solo trasmettere nel modo corretto le stesse emozioni che suscita in noi il progetto. In una parola dobbiamo suscitare “empatia”
  4. Rispondi sempre ai commenti, tagga e cita altre persone, creare relazioni
    Inutile dirlo: la base dei social network (di tutti!) è la creazione di una rete di relazioni. Le relazioni vanno curate nel giusto modo, i nostri “amici” o follower devono sentirsi importanti e non un semplice finanziatore, devono sentirsi partecipi dei successi ottenuti grazie al loro contributi, devono ricevere una risposta ogni volta che commentano un vostro post.
  5. Controlla le statistiche e costruisce le strategie future sulla base dei dati raccolti.
    Non ci stancheremo mai di dirlo: su internet tutto è tracciabile, possiamo sapere se un post pubblicato alle 10 del mattino ha ottenuto più o meno visualizzazioni rispetto a quello pubblicato alle 15. E perché continuare a pubblicare ad un orario o in un giorno in cui sono consapevole che i miei utenti non sono attivi sui social?

7 consigli per la tua raccolta fondi online

Alcuni giorni fa è stato pubblicato il report annuale dedicato alle strategie digitali di circa 500 non profit tra USA e Canada. In poco più di 30 pagine vengono raccolti dati e suggerimenti per organizzare le proprie strategie online di raccolta fondi.

Di seguito riportiamo i 7 consigli finali del report per una “digital strategy 2015 di successo, leggermente modificati da quello che abbiamo imparato dalla nostra esperienza diretta.

  1. Impara dai tuoi errori
    Ti sei mai chiesto come si fa a diventare bravo a pianificare campagne digital di raccolta fondi? Sbagliando! Il vecchio adagio “sbagliando si impara” è vero anche nel caso delle raccolte fondi: non tutte le scelte fatte portano i risultati sperati, per il futuro basta cercare i motivi del fallimento e evitare di commettere i soliti errori.
  2. Il “Peopleraising”, una nuova risorsa
    Una campagna di raccolta fondi è un lavoro a tempo pieno, ti sarai già accorto di essere a corto di risorse umane da impegnare per le varie attività. Quello che forse non stai facendo è coinvolgere altre persone nel tuo progetto: il mondo è pieno di persone che vogliono dare una mano, spesso anche i donatori stessi sono disposti a fare un passo in più per la causa che hanno sostenuto. Approfittane!
  3. Conosci il target
    Spesso il web viene criticato perché è stato utilizzato come strumento alternativo ai rapporti tra persone. Anche tramite questo mezzo, però, possiamo conoscere le persone che hanno sostenuto la nostra causa, ci sono molti strumenti per poter interagire con loro, per capire le loro motivazioni e i loro sentimenti, senza fermarci solamente al puro dato statistico o economico.
  4. Pianifica i tuoi contenuti
    Blog, sito web, Facebook, Twitter, Youtube.. averli tutti non vuol dire comunicare, e utilizzarli tutti non vuol dire farlo bene. I contenuti vanno scelti e pianificati con attenzione, ogni canale deve avere il suo stile comunicativo perché raggiunge target di pubblico diversi.
  5. Focalizzati sugli obiettivi
    il tuo obiettivo deve essere chiaro (soprattutto a te!) e devi lavorare solo per raggiungere quello. Se stai raccogliendo fondi utilizza le strategie online SOLO per la raccolta, se cerchi volontari focalizza la tua attenzione su questo. Se hai troppi obiettivi rischi di non raggiurgerne nemmeno uno!
  6. Test, test e ancora test
    Ricordi il punto 1? Bene.. ma non basta imparare dai propri errori, bisogna anche saper migliorare i propri successi. Per questo è importante testare sempre cose nuove, nuovi argomenti, nuovi layout, nuovi stili di comunicazione. Se abbiamo fatto una scelta vincente, non è detto che sia la migliore in assoluto: potrebbe esistere una strategia migliore che potrebbe aumentare ulteriormente le performance della nostra campagna.
  7. Misura!
    “Tutto è tracciato”, uno degli aspetti vincenti delle strategie digitali: ogni pagina vista, ogni clic, ogni interazione dell’utente con voi è tracciata, è possibile capire esattamente le conseguenze (positive o negative) di una scelta, di una modifica al sito, di un cambio di immagine sui social.. e se non state tracciando niente di tutto ciò, non aspettate oltre!

Grants: pubblicità (gratuita) per le ONLUS

L’impero Google è talmente vasto che molte delle possibilità che vengono offerte vengono ignorate dai più. Il programma Google Grants è tra le migliori opportunità che una ONLUS può trovare sul web.

In cosa consiste Google Grants?
Google offre la possibilità di fare pubblicità sulla propria rete di ricerca gratuitamente alle ONLUS. Il programma prevede la creazione di campagne Pay Per Click con le seguenti caratteristiche:

  • offerta massima per ogni chiave utilizzate 2$
  • budget massimo giornaliero 330$
  • budget massimo mensile 10.000$

Queste sono cifre di tutti rispetto per una normale campagna Pay Per Click, che spesso nemmeno normali aziende commerciali investono in questo genere di pubblicità. A conti fatti Google “regala” 120.000 dollari all’anno (l’equivalente di 105.000 €). E se vi sembrano ancora pochi, con il programma Grants Pro la spesa mensile può salire fino a 40.000$ al mese!

Chi può accedere al proramma Grants
Per poter richidere accesso al programma è necessario essere iscritto nel registro nazionale delle ONLUS, con alcune limitazioni. Non possono richiedere di partecipare a Grants:

  • Enti e organizzazioni governativi
  • Ospedali e gruppi medici
  • Scuole, centri per l’infanzia, istituti accademici e università
  • Partiti politici, organizzazioni politiche e lobby

Una volta presentata la domanda e la documentazione necessaria, non rimane che attendere il responso di Google.

Perché dovresti usare Grants per la tua associazione?
Per rispondere a questa domanda partiamo facendo qualche conto: ammesso che il costo per ogni clic sia effettivamente di 2 dollari (ma con le opportune ottimizzazioni questo costo potrebbe ridursi), con uno “spesa” di 120.000 dollari riusciresti a portare la bellezza di 60.000 utenti sulle pagine del tuo sito!

Il valore aggiunto di questi 60.000 utenti quale è, rispetto (ad esempio) alla distribuzione di 60.000 volantini? La differenza è che le persone raggiunte grazie al programma Grants (e alle campagne Pay Per Click in generale) sono profilate sulla base delle ricerche: il tuo annuncio, la tua associazione, la tua richiesta di donazioni vengono mostrate proprio a quegli utenti che in quel particolare momento sono interessati alla tua causa.

Quindi: (almeno) 60.000 potenziali donatori raggiunti, tutti profilati..non basta ancora? Bene, c’è un altro buonissimo motivo, che accomuna Grants a qualunque altro tipo di camapagna sul web, e si chiama “misurare“. Il pannello di Google Grants, integrato con le statistiche di Google Analytics di accesso al sito, garantiscono statistiche complete per poter tenere traccia dell’andamento effettivo della campagna: puoi sapere quante volte è stato visto il tuo annuncio, quanti click (visite) hai ricevuto, quali sono le ricerche effettuate dagli utenti, quali azioni hanno compiuto, i giorni della settimane e gli orari di maggior accesso, e molto altro ancora.

Quindi ora il problema rimane “ma come faccio a creare e gestire una campagna Pay Per Click con Grants?“. Non preoccuparti, per questo ci siamo qua noi, basta cliccare qui

La rete come modello per il fundraising

Ci sta capitando sempre più come consulenti di fundraising di incontrare non più solo singoli soggetti nonprofit, cioè singole organizzazioni di volontariato, associazioni o cooperative sociali, ma veri e proprie reti di soggetti nonprofit (e non solo). Si tratta di gruppi, centri servizi per il volontariato, consorzi, ma anche reti non necessariamente formalizzate in una soggettività giuridica che aprono ad una dimensione diversa per quantità ma anche per qualità della consulenza direzionale in ambito fundraising.

Sempre più soggetti di coordinamento, reti e gruppi nonprofit, si accorgono che la dimensione di rete appunto, è una dimensione capace di generare valore aggiunto se adeguatamente coltivata e promossa, anche oltre le economie di scala, la capacità di avere maggiore forza contrattuale in gare o progettualità comuni o per le attività istituzionali di rappresentanza che generalmente stanno alla base della loro costituzione.

Ebbene, c’è un valore aggiunto che può essere evidenziato e potenziato, inerente la dimensione intrinseca della rete o del coordinamento o del raggruppamento. Si tratta in particolare della capacità di presentarsi ai propri target di riferimento (soggetti, comunità, potenziali donatori ecc.) come tale e non semplicemente come la somma di soggetti singoli. Questo significa un cambiamento di prospettiva particolarmente profondo da accompagnare con un adeguato intervento di definizione di strategie e strumenti per governare tale dimensione.

Così il nostro intervento, necessariamente integrato, si fonda su un progetto multilivello (sui singoli soggetti della rete, e sulle aggregazioni dei soggetti) che interviene almeno sui seguenti ambiti operativi:

  • La comunicazione, che diventa una leva capace di dare armonicità e identità alla rete come tale, coordinando adeguatamente in un progetto integrato appunto non solo i diversi media (tradizionali, audiovisivi, digitali) ma i diversi soggetti, moltiplicando così la capacità di rappresentazione della rete, restituendo un’immagine adeguata alla struttura reticolare, potenziando le attività promozionali (di vendita di beni e/o servizi, così come di raccolta di donazioni o di ricerca di volontari);
  • Le attività di raccolta fondi in senso stretto, di tipo tradizionale ovvero anche nell’ambito digital, necessitano di un coordinamento e di conseguire i propri risultati a partire proprio dalla logica dello scambio di rete, potenziando così la capacità di penetrazione nei contesti e tra i donatori potenziali;
  • Infine, non per ultimo, il coordinamento e l’integrazione delle strategie digitali all’interno della rete, si pensi ad es. alle attività promozionali che possono essere svolte nell’ambito di progetti di crowdfunding che coinvolgano reti di soggetti e non solo singole nonprofit, così come ad attività di email marketing o a campagne social media martketing che allo stesso modo vedano coinvolti in maniera integrata più soggettività.

Si tratta di una prospettiva di grande interesse, su cui ancora poco si sta studiando. E’ per tale ragione che stiamo promuovendo un protocollo d’intesa con il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Pisa che da tempo studia reti nonprofit e del volontariato, avendo prodotto tra l’altro una riflessione scientifica e anche pubblicazioni di livello nazionale e internazionale di grande interesse. Ci auguriamo che tale protocollo possa essere concluso nelle prossime settimane e cominciare a produrre attività ed iniziative che vadano quindi anche a sviluppare questa riflessione più direttamente legata alla raccolta fondi.

Volontariato online, quanti lo conoscono?

Le nostre associazioni spesso lamentano la mancanza di volontari per le molte attività da fare, ma di questo tipo di volontariato non codificato e marginale sappiamo ben poco. Seconco un articolo pubblicato da Cristina Galasso su “Cittadini di Twitter” in Europa ben 60 organizzazioni promuovono il volontariato online, capolista la Spagna con ben 15 ONP.

In Italia le organizzazioni più importanti (e tradizionali) ignorano questo tipo di volontariato e molto spesso ne diffidano, pur utilizzandolo in molti casi nelle sue forme più semplici: “che dire del crowdfunding e di altre forme di raccolta fondi online a cui sempre più ricorrono associazioni piccole e grandi?”, scrive Cristina Galasso.

Ma quali sono le attività di volontariato che possono essere svolte online? Sicuramente tutte quelle che riguardano il web, come: gestione newsletter, forum, siti web, social media, ma anche corsi di formazione a distanza, raccolta fondi, redazione di testi e presentazioni.

“Buoni esempi di volontariato online sono Help from home o Cyber Volunteers – scrive ancora Cristina Galasso – altri sono segnalati nella ricerca di Jayne Cravens ma il più noto è senz’altro quello delle Nazioni Unite che nel 2000 ha messo a punto un vero e proprio programma di volontariato digitale a disposizione di associazioni e cittadini. Ad oggi vi hanno partecipato oltre 11mila volontari, il 58% donne, il 60% provenienti da paesi in via di sviluppo, l’età media 30 anni”.

Caso particolare in Italia è rappresentato dall’Associazione Patrizio Paoletti, che nel suo sito invita i volontari a scegliere a quale attività aderire in base alla propria disponibilità di tempo.

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy. Dichiari di accettare l’utilizzo di cookie o altri identificatori chiudendo o nascondendo questa informativa, cliccando un link o un pulsante o continuando a navigare in altro modo. Maggiori informazioni